Un recente intervento della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45422 del 2024, ha ribadito un principio di fondamentale importanza per la compliance ambientale delle imprese: la sola qualifica di imprenditore o dirigente di ente è sufficiente a inasprire la sanzione penale in caso di abbandono di rifiuti, indipendentemente dal fatto che tali rifiuti provengano o meno dall’attività aziendale.
Nel caso di specie, infatti, la Corte ha confermato la decisione di un tribunale dell’Emilia-Romagna che aveva condannato un imprenditore per abbandono di rifiuti, applicando l’articolo 256, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, che prevede arresto o ammenda fino a 26.000 euro per i rappresentanti di imprese o enti, escludendo la possibilità di applicare la sanzione più “leggera” contenuta nell’articolo 255 del Codice dell’Ambiente, che si riferisce genericamente a “chiunque” abbandoni rifiuti e prevede una sanzione meno grave (ammenda fino a 20.000 euro).
Questa impostazione giurisprudenziale implica un ampliamento oggettivo del perimetro di rischio 231 per gli enti, poiché anche condotte che non derivano direttamente dall’attività istituzionale dell’organizzazione possono ricadere nell’ambito applicativo dell’art. 25-undecies del D.Lgs. 231/2001 (reati ambientali).
Alla luce di questa estensione interpretativa, è essenziale che l’OdV:
- Rivaluti la mappatura dei rischi ambientali, includendo anche le situazioni di gestione irregolare di rifiuti non strettamente legati alla produzione;
- Verifichi che le procedure ambientali siano sufficientemente ampie da contemplare anche comportamenti extra-procedurali o occasionali, ad esempio il deposito temporaneo non autorizzato di rifiuti o lo smaltimento “privato” da parte del personale;
- Promuova campagne formative e comunicative destinate a titolari, dirigenti e dipendenti, al fine di prevenire comportamenti a rischio anche fuori dal perimetro operativo ordinario;
- Richieda una rendicontazione puntuale dei flussi di rifiuti e della tracciabilità documentale, anche per piccole quantità o materiali residuali.
L’OdV deve, inoltre, essere consapevole che l’assenza di un nesso diretto tra rifiuto e processo aziendale non costituisce esimente, ma anzi può rivelarsi un punto critico se non vengono adottate misure preventive e gestionali adeguate.
In sintesi, il principio affermato dalla Suprema Corte impone un rafforzamento dei controlli e degli standard interni di gestione ambientale, spingendo le imprese verso un approccio ancora più integrato tra Modello 231 e Sistema di Gestione Ambientale (ISO 14001), nel quale anche le condotte informali o “personali” dei soggetti apicali possono generare responsabilità per l’ente.