Le ultime sentenze della Corte di Cassazione offrono importanti chiarimenti riguardo alla responsabilità degli attori coinvolti nella tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Ecco un riassunto delle cinque principali novità giurisprudenziali emerse nelle ultime settimane.
- Sentenza n. 8152 del 27 marzo 2025: Obbligo datoriale di provvedere all’igiene delle divise come DPI
Le divise dei lavoratori (come quelle dei netturbini) sono considerate Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). La Corte precisa che la nozione di DPI non si limita solo a dispositivi specifici e certificati, ma include qualsiasi indumento che protegga la salute e sicurezza del lavoratore. In particolare, il datore di lavoro è obbligato non solo a fornire questi indumenti, ma anche a mantenerli in buone condizioni igieniche, provvedendo al loro lavaggio, poiché è essenziale per garantire l’efficienza e prevenire rischi per la salute dei lavoratori. Pertanto, il lavaggio delle divise è a carico del datore di lavoro.
- Sentenza n. 13529 dell’8 aprile 2025: Rischio interferenziale e responsabilità del datore di lavoro
Con la sentenza dell’8 aprile 2025, la Corte afferma che il rischio interferenziale coesiste con i rischi specifici delle singole attività. La Corte ha respinto l’idea che l’omessa redazione del D.U.V.R.I. (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze) possa essere considerata una causa sufficiente per determinare un infortunio. Ha ribadito che, quando più imprese operano in un cantiere con attività interferenti, il rischio che un lavoratore si trovi a collaborare con dipendenti di un’altra impresa non può essere considerato un rischio estraneo o non sotto la responsabilità dell’imprenditore. Il datore di lavoro ha l’obbligo di proteggere i propri dipendenti da tutti i rischi, anche quelli legati all’interferenza con altre imprese.
- Sentenza n. 13533 dell’8 aprile 2025: committente ritenuto responsabile per non aver verificato l’idoneità tecnico-professionale
Il committente è stato ritenuto responsabile per la morte di un lavoratore ‘in nero’, per non aver verificato l’idoneità tecnico-professionale del lavoratore deceduto e in quanto lo stesso stava svolgendo delle attività in quota senza le opportune protezioni. Inoltre, nella sentenza viene specificato che, ai sensi dell’art. 89, c. 1, lett. b) D. Lgs. n. 81/2008, il “committente” nell’ambito dei cantieri edili, è il soggetto “per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione”. Nell’interpretare questa norma, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che l’espressione “per conto” può essere riferita a chi opera “per incarico di”, oppure “in nome di”, o ancora “a favore di”; sicché committente è colui “che ha interesse alla realizzazione dell’opera” o perché ha stipulato il contratto o perché si avvantaggia di tale realizzazione o perché vi è tenuto giuridicamente, oppure perché è stato delegato ad occuparsene”.
- Sentenza n. 15696 del 22 aprile 2025: preposto di fatto ritenuto responsabile della morte di un lavoratore
Il preposto di fatto in un cantiere è stato accusato di non aver vigilato adeguatamente sulla sicurezza dei lavoratori e ritenuto responsabile per la morte di un lavoratore causata dalla caduta dall’alto, che non indossava i DPI individuati come necessari per lo svolgimento dell’attività. La Corte ha confermato che, secondo il D. Lgs. 81/2008, il preposto ha l’obbligo di vigilare sull’osservanza delle norme di sicurezza e sull’uso dei mezzi di protezione collettivi e individuali. Anche se A.A. non era presente nel cantiere al momento dell’incidente, aveva impartito istruzioni ai lavoratori e aveva effettuato un sopralluogo poco prima dell’accaduto e quindi avrebbe dovuto e potuto far rispettare l’uso dei dispositivi di protezione già presenti e prescrivere l’adozione di misure più efficaci. La Corte ha sottolineato che, anche in presenza di più soggetti responsabili nel cantiere, la posizione di preposto non veniva neutralizzata dalla presenza di altri responsabili, poiché egli era consapevole della sistematica inosservanza delle norme di sicurezza da parte dei lavoratori. La sua responsabilità si è concretizzata nel non aver preso misure adeguate a evitare il rischio di caduta, nonostante fosse in grado di farlo.
- Sentenza n. 15778 del 23 aprile 2025: la delega a terzi del DVR non esonera il datore di lavoro dalle sue responsabilità
Il datore di lavoro è stato condannato per non aver previsto il rischio legato alla manutenzione di un macchinario nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) dopo che un lavoratore (che svolgeva mansioni di assemblatore e fattorino) si infortunava mentre cercava di risolvere un problema a una macchina alla quale non era adibito. La difesa del datore di lavoro ha sostenuto che la redazione del DVR era stata affidata a una società esterna, quindi ogni responsabilità relativa alla sua mancanza di specificità sui rischi era da attribuire a questa società. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa difesa, affermando che, sebbene il datore di lavoro possa delegare la redazione del DVR a terzi, ciò non lo esonera dalle sue responsabilità. Il datore di lavoro deve infatti verificare che il DVR sia adeguato ed efficace, assicurarsi che i rischi siano correttamente individuati e comunicati ai lavoratori, e garantire una formazione adeguata.
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